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Domenica, 02 Marzo 2014 17:44

Il labirinto della dipendenza da sostanze

Questo articolo si propone di analizzare uno dei più intricati, mutevoli ed enigmatici fenomeni sociali: la dipendenza da sostanze.

“La tossicodipendenza ha una genesi assai profonda. Nella prima fase l’individuo crede di poter controllare tutto e tutti. E dunque nella sua mente prepondera un’idea inesatta: il dominio sulla sostanza. Questo è un errore di percezione”

La dipendenza da sostanze si riferisce ad un insieme di sintomi che stanno ad indicare che un individuo continua ad usare una sostanza nonostante i problemi di tossicità ad essa correlati. In particolare, la dipendenza da sostanze o tossicodipendenza origina da un continuum che parte dall’impiego di quantità minime per raggiungere l’abuso e dunque la tossicodipendenza.

Nel 1969 gli esperti dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) hanno definito la dipendenza come:

Uno stato psichico ed alcune volte anche fisico che risulti dall’interazione tra un organismo vivente e un farmaco e che si caratterizza con delle modificazioni del comportamento e con altre reazioni che contemplano sempre una pulsione a prendere la sostanza in modo continuo al fine di ritrovare i suoi effetti psichici ed alcune volte per evitare il malessere della privazione (Margaron, 1997).

A mio avviso, rispetto alle visioni passate, questa definizione potrebbe aprire le porte ad un approccio diverso della tossicodipendenza, che non da importanza solamente a certi aspetti, ma che guarda la dipendenza come la conseguenza di un processo che vede combinarsi dinamiche fisiche, psicologiche e sociali.

Secondo il DSM-IV invece, la dipendenza da sostanze è un disturbo psichiatrico caratterizzato da un mancato controllo verso la sostanza stessa.

A mio avviso, le variabili che interagiscono, e che dunque sono implicate nell’uso e nell’abuso di sostanze stupefacenti sono:

Fin dai tempi più antichi l’umanità ha utilizzato delle sostanze al fine di alleviare il dolore fisico o per alterare gli stati di coscienza. Questo utilizzo non si è placato nel corso del tempo nonostante le conseguenze, a volte devastanti, di queste sostanze. Infatti, ancora oggi, soprattutto tra la popolazione giovanile, vi è un largo uso di sostanze psicoattive. La radice del loro abuso potrebbe essere legata agli effetti iniziali che sono particolarmente piacevoli.

La droga è una sostanza chimica in grado di provocare dei danni fisici, ed in particolare, psichici al nostro organismo. Infatti, l’individuo che fa costantemente uso di sostanze stupefacenti va incontro a stati particolarmente rischiosi. Tra questi ricordiamo in primo luogo la tolleranza, che rappresenta il bisogno costante di assumere dosi sempre più elevate di droga per ottenere l’effetto iniziale. In secondo luogo ricordiamo la dipendenza, che rappresenta l’aumento sempre più intenso del desiderio di droga, che impedisce di liberarsi dall’abitudine.

Il sintomo principale che denota uno stato di dipendenza verso una sostanza è la “sindrome di astinenza”, cioè, il patimento che si sviluppa quando l’abuso della droga viene repentinamente interrotto o limitato. La sindrome di astinenza ha effetti diversi in base alla sostanza di utilizzo ed al grado di intossicazione. Questa infatti, risulta essere particolarmente grave se la sostanza privilegiata è la morfina e l’eroina.

GLI APPROCCI ALLA TOSSICODIPENDENZA

Il fenomeno della dipendenza da sostanze è stato studiato secondo diverse prospettive a seconda che il punto di vista fosse quello biologico, psicologico sociologico, oppure relativo ad altre discipline antropologiche. Tra questi approcci ricordiamo:

* La prospettiva bio-medica che ha fornito per molto tempo i modelli predominanti nello studio delle tossicodipendenze. Secondo tale approccio la droga sarebbe l’agente patogeno che, al pari di un virus, venendo a contatto con la persona genererebbe la patologia. L'approccio bio-medico dunque tende a privilegiare le interazioni bio-chimiche tra le sostanze e le strutture somatiche.

* La prospettiva psicologica che tende a spostare il focus dalla sostanza alla persona che ne fa uso. Secondo questo approccio l'assunzione di droghe non è altro che la manifestazione di un disagio intra-psichico.

Sigmund Freud ad esempio, mise in evidenza la corrispondenza fra l’uso di sostanze e la tendenza a sviluppare una nevrosi. Secondo Freud il comportamento d'abuso è connesso alle spinte narcisistiche e agli stati maniacali di tipo ossessivo.

Successivamente a Freud, altri autori di formazione psicanalitica hanno messo in evidenza la relazione che intercorre tra la dipendenza da sostanze e la relazione infantile madre-figlio. Questo legame si basa sul principio secondo cui la droga avrebbe la stessa funzione simbolica del latte materno in un contesto di astinenza/fame. In tale situazione di dipendenza è come se vi fosse, da parte del tossicodipendente, un ritorno al legame simbiotico con la madre, sostituita dalle sostanze.

Sempre all’interno del filone psicologico, ci sono altri approcci al problema della tossicodipendenza che, tendono a spostare l'attenzione dalle variabili intra-psichiche del soggetto, al sistema di relazioni interpersonali all’interno delle quali si manifesta una condizione di tossicodipendenza. Secondo tale approccio, definito sistemico–relazionale, la tossicodipendenza, anche se considerata un fenomeno individuale, sarebbe fortemente correlata alle dinamiche relazionali che si sviluppano all'interno del nucleo familiare.

* La prospettiva sociologica secondo cui il contesto socio-culturale in cui la persona e il suo nucleo familiare sono inseriti avrebbe un ruolo importante nel verificarsi di una situazione di dipendenza. Secondo tale approccio, dietro la tossicodipendenza vi sono vari fattori, quali ad esempio, la cultura, l’indebolimento del sistema sociale e della famiglia. La droga dunque, non è una sostanza, ma un intreccio di relazioni sociali significative che rende instabili il funzionamenti della convivenza, costituendo un rischio ponderoso per il sistema sociale.

Altri approcci hanno associato la tossicodipendenza al concetto di “disadattamento”. Questo disadattamento deriva da una distanza tra gli scopi socialmente proposti al soggetto ed i mezzi concretamente disponibili per raggiungerli. Secondo questa prospettiva la tossicodipendenza sembra essere il riflesso di una posizione “rinunciataria”, da parte dell’individuo, sia dei mezzi che delle mete. Questa visione delle cose viene però ridimensionata verso l’inizio degli anni '80, quando, attraverso alcuni studi si è riuscito a dimostrare che le variabili economiche, geografiche e culturali non sono discriminanti in relazione al manifestarsi della tossicodipendenza. A tale proposito, l'attenzione degli studiosi si è concentrata di più sulla condizione giovanile, considerata come la parte della popolazione maggiormente coinvolta nel fenomeno.

A mio avviso i tre orientamenti risultano essere molto utili nell’approccio alla tossicodipendenza, ma il traguardo più importante sarebbe raggiunto nel caso in cui queste miscelassero il loro sapere al fine di gettare uno sguardo più ampio sul fenomeno nella sua unicità.

LE DIVERSE FORME DI DIPENDENZA

Sarebbe particolarmente interessante fare una distinzione tra diverse forme di dipendenza. Queste sono:

* dipendenza fisica: stato di ipereccitabilità recondita che si sviluppa nel S.N.C. (Sistema Nervoso Centrale), successivamente ad una somministrazione prolungata di una sostanza. Essa si manifesta sia attraverso dei sintomi oggettivi che soggettivi dopo la brusca interruzione della somministrazione della sostanza. La dipendenza fisica si riferisce quindi ad una alterata condizione fisiologica, che richiede la continua somministrazione della sostanza al fine di prevenire la malattia acuta che origina dalla sua carenza (sindrome di astinenza). La dipendenza fisica è dunque caratterizzata dalla sindrome di astinenza.

* dipendenza psichica: è un altro importante elemento costitutivo della tossicodipendenza. Essa può essere coincidente alla dipendenza fisica, può non essere presente, oppure può esistere in assenza di dipendenza fisica. Sono caratteristiche della dipendenza psichica le sensazioni soggettive di instabilità a livello psichico, soprattutto rispetto ad una eventuale ricaduta nell’uso della sostanza, che viene definita tecnicamente craving. Questo timore può creare insicurezza nel paziente, condizionandone il comportamento e rendendone difficile il distacco completo dalla sostanza. Eppure, la ricaduta nell’uso di sostanze è un evento molto comune, al punto da poter essere considerato come una costante nella storia naturale della dipendenza da sostanze ed anche del suo trattamento. La dipendenza psichica non ha segni obiettivi che si possono valutare quantitativamente, ma rappresenta un legame sottile e durevole tra il paziente e la sostanza stessa.

* dipendenza sociale: è l’adattamento dell’individuo alla sua nuova condizione di tossicodipendente. Egli infatti, si organizza in gruppi che hanno come base culturale una particolare sostanza, ad esempio, l’alcool, la cocaina ecc. La dipendenza sociale è uno dei momenti più difficili nel momento in cui si vuole interrompere il rapporto tra il paziente e la sostanza.

In realtà, il concetto di dipendenza fisica e quello di dipendenza psichica comprendono in essi una dicotomia tra la mente ed il corpo, che diventa sempre meno valida man mano che le basi fisiologiche e biochimiche della psiche vengono meglio conosciute.

Tutti dipendiamo da qualche cosa o da qualche persona, da più cose o da molte relazioni, ma nessuno si affida a queste dipendenze in maniera volontaria e continua, in modo distruttivo ed ossessivo. A determinare il passaggio dall’uso alla dipendenza di una sostanza è, probabilmente, uno stato di mancato equilibrio e di agitazione intima, di disordine mentale e di incertezza, o nientemeno di vero e proprio tormento, che porta a creare con l’oggetto scelto un rapporto di subordinazione sempre più grave. Questo perché è solo quell’oggetto in grado di offrire sollievo. Nella dipendenza da sostanze quindi, come del resto in tutte le altre forme di dipendenza, l’oggetto può agire da protesi, da stampella, cioè essere funzionale alla salvaguardia di certi obiettivi e di certe capacità della persona. La sostanza da cui si dipende si trasforma in un tramite per sperimentare stati mentali, emozioni ed esperienze d'insieme di sé molto differenti.

A questo punto, questo Essere-Altro, che viene assicurato dall’oggetto- sostanza, permette di ampliare in maniera ripetuta e infinita i limiti e le sensazioni dell’individuo, facendogli sperimentare nuove percezioni e possibilità emotive, comportamentali e quindi mentali. Questo meccanismo, va avanti fino a quando l’oggetto diventa una stampella sempre presente e fedele in grado di garantire una “stabilità” fisica e mentale. Ed è chiaro che, quanto più forte e sconvolgente è l’effetto dell’oggetto- sostanza, tanto più l’individuo sarà portato a congiungersi a questo oggetto “salvifico e straordinario”.

Eppure, dietro gli effetti prodigiosi della sostanza, si celano delle conseguenze che, in alcuni casi, possono essere anche molto gravi. Le sostanze infatti, sembrano avere tutte un effetto “piacevole”, ma questa sensazione di piacere, non è altro che un errore della percezione della realtà che può talvolta avere particolari conseguenze. Il danno ineliminabile di ogni dipendenza è la negazione delle proprie dinamiche interiori, spesso di confusione e di sofferenza. Inoltre, è probabile che si verifichi un peggioramento dei pensieri distruttivi, di patologie o di alterazioni contestuali alle quali la persona aveva creduto di trovare soluzione nel rapporto con la sostanza- oggetto. Senza contare inoltre, gli effetti collaterali, quali ad esempio, tachicardia, rischio di emorragia cerebrale, ansietà ed insonnia, provocati dall’uso- abuso di anfetamine e di altri stimolanti, oppure apatia, problemi di concentrazione e amnesie soprattutto negli anziani a causa dell’uso- abuso di benzodiazepine e ansiolitici in generale. Il disagio dunque non resta mai inerte sotto una corazza chimica, ma il dolore resta nello stesso punto di prima, proprio dove lo avevamo lasciato, e le sofferenze psicologiche si aggravano progressivamente.

I GIOVANI DELLA NOTTE E L’USO DI SOSTANZE STUPEFACENTI

Durante la notte, i giovani si ritrovano spesso ad usare e ad abusare di sostanze stupefacenti. Di solito, essi cominciano sperimentalmente ad usare una sostanza per gioco, per divertimento, per curiosità o per imitazione e poi, invece, si ritrovano, man mano, in un tunnel dal quale è davvero arduo uscire. Per i giovani che si trovano a vivere questa situazione, diventa alto il rischio di una possibile futura dipendenza, associata ad alterazioni percettive (cause spesso di incidenti stradali) o ad inesperienza (causa di overdose).

Alcuni ricercatori hanno messo in evidenza che le occasioni di contatto con le droghe cambiano fortemente in base al genere e all’età dei soggetti: raggiungono il picco più alto intorno ai 18 anni e diminuiscono a partire dai 20 anni; inoltre, sembrano avere una maggiore esposizione al rischio i maschi rispetto alle femmine.

Nei giovani l’utilizzo di sostanze alcoliche e di droghe, si descrive come una vera e propria scelta di consumo, che si riferisce alla circostanza in cui si trovano, alla compagnia e agli effetti che essi vogliono raggiungere, senza dimenticare anche le sostanze disponibili in quel preciso momento. Sembra che l’uso di ecstasy e di cocaina sia maggiormente correlato agli ambienti inerenti al divertimento serale, mentre l’impiego di cannabis risulta essere maggiormente relazionato al bisogno di appartenenza ad un gruppo.

L’alcol è la sostanza psicoattiva che ha il maggior abuso e diffusione a scopo ricreativo. Rispetto al momento del diversivo e dell’aggregazione, emerge che il maggior abuso di sostanze alcoliche è legato al contesto del ballo durante il week-end, senza escludere i luoghi in cui ci s’incontra prima e dopo la discoteca.

A mio avviso è probabile ipotizzare una modalità di consumo per tappe, all’interno della quale emerge una più alta probabilità di riscontrare un abuso, man mano che si avanza nelle ore della notte.

COSA SI POTREBBE FARE. CONCLUSIONI

Sarebbe bello ed interessante poter concludere questo articolo riuscendo a dare una soluzione pratica e veloce al fenomeno della tossicodipendenza, in particolare se questa interessa i giovani. Ma per il momento, questa resta semplicemente un’utopia.

A mio avviso, sarebbero tre le cose importanti da fare nell’ambito della prevenzione più che del trattamento. In primo luogo, bisognerebbe intervenire sugli adolescenti che abusano di sostanze stupefacenti, considerando che, in particolare oggi, questa risulta essere la fascia più colpita dal suddetto fenomeno. Sarebbe dunque importante effettuare interventi di prevenzione sui giovani, cercando di scoraggiarli ad utilizzare le droghe, sostenendo le loro famiglie ed il gruppo dei pari. Infatti, è proprio all’interno della famiglia e del gruppo dei pari che l’adolescente sviluppa e cresce. Queste politiche di prevenzione devono essere sempre più presenti soprattutto nelle scuole e tra i giovani, anche perché, purtroppo, i modelli che vengono proposti oggi ai ragazzi non sono di certo educativi e dunque li inducono a dire: <<tanto, quando voglio smetto!>>, oppure <<uso la sostanza solo per divertirmi>>.

I ragazzi non sono coscienti degli effetti reali delle sostanze stupefacenti.

Sarebbe dunque utile:

  • addestrarli a resistere alle pressioni del gruppo dei pari.
  • correggere e modificare le aspettative normative.
  • immunizzare i giovani contro i messaggi dei mass media.
  • informare le famiglie sul fenomeno
  • informare le famiglie sulla correlazione che intercorre tra l’uso intra- familiare e quello del singolo membro della famiglia, in particolare del giovane.
  • rafforzare l’immagine del ragazzo.
  • dare maggiori informazioni sugli effetti dannosi delle sostanze.

In secondo luogo, sarebbe importante fare capire agli “assuntori” che devono evitare di fare uso di stupefacenti, convincendoli dunque a perdere il vizio (dissuasione).

Infine, sarebbe opportuno aiutare tutti coloro che non sono in grado di smettere da soli a trovare un trattamento idoneo alle loro esigenze (recupero, ad esempio nelle comunità terapeutiche).

Informazioni aggiuntive

  • Scritto da: Dr.ssa Mirella Fittipaldi

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Dott.ssa Facilone

Psicologa e Psicoterapeuta ad Orientamento Psicoanalitico, Gruppoanalista, Psicologo Giuridico e Psicopatologo Forense.

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